Homo homini lupus

Sono rimasto, come tutti, turbato e angosciato per la strage di Parigi. Quella orrenda mattanza ha colpito la nostra immaginazione in misura infinitamente superiore di quanto abbiano fatto l’abbattimento nel Sinai dell’aereo russo (che pure ha causato un più alto numero di vittime: 224) e le ripetute stragi di musulmani (una per tutte, quella di Beirut) operate dai jihadisti in Medio Oriente.

Di fronte ai morti di Parigi è scattato in tutti noi un processo di identificazione con le vittime, la presa di coscienza del pericolo che incombe non solo sulla comunità, intesa come Stato, ma su ogni singolo cittadino che si sente ora sempre più solo di fronte alla minaccia. E la solitudine crea ansia, paura, regressione.

Ma, se la partecipazione al dolore francese deve essere grande così come la deprecazione per la barbarie terrorista, non possiamo piangere lacrime di coccodrillo per le conseguenze dei guasti prodotti dalla nostra avidità e dai nostri egoismi. L’Occidente ha esercitato troppo spesso, per consolidare il suo potere, il terrorismo di Stato, e noi italiani in passato non siamo stati da meno degli altri Stati colonialisti. Voglio ricordare i più efferati crimini di guerra commessi – non nella notte dei tempi, ma nel secolo passato – dalle forze armate italiane: durante la ribellione dei Boxer (1900) in Cina il contingente italiano prese parte, assieme ai suoi alleati, a stragi, a saccheggi, a incendi di interi abitati, alla decapitazione pubblica di Boxer o presunti tali. Nel 1923, nella guerra per la conquista della Libia, i nostri soldati compirono violenze e atrocità impressionanti: esecuzioni con accette, baionette e sciabole, indigeni evirati e lasciati morire dissanguati, donne stuprate e sodomizzate, altre, incinte, furono  squartate, e i feti infilzati. Nella guerra di Etiopia, negli anni 1935-36,  Mussolini autorizzò Badoglio a compiere stragi usando il gas iprite, vietato dalla convenzione di Ginevra.

Dunque ancora e sempre homo homini lupus.

 L’Occidente ha gestito i problemi creati da un continente in possesso delle moderne tecnologie, ma fermo ancora culturalmente al medioevo – alle crociate e alle guerre di religione – preoccupandosi soprattutto dei propri interessi. La Francia ad esempio ha intrapreso la solitaria guerra a Gheddafi, non in nome della libertà dei libici (che ora stanno peggio di prima), ma, tra l’altro, per favorire la Total a scapito della nostra Eni; e così ha fatto per i bombardamenti alla Siria, effettuati senza consultare gli alleati europei di cui oggi invoca l’aiuto militare. Non parliamo poi degli errori degli Usa: dalla guerra fraudolenta di George W.Bush in Iraq, all’aver usato in molte occasioni la violenza del fondamentalismo a proprio uso e consumo. E le armi ai jihadisti chi le fornisce? Chi acquista il loro petrolio e i loro reperti archeologici? Perché continuiamo a fare affari con gli Stati che fiancheggiano e sovvenzionano il terrorismo?

Quello in atto non è uno scontro di civiltà, ma una guerra tra un Occidente spaventato e diviso, e un fondamentalismo barbaro che la guerra, tra l’altro, la fa esclusivamente in casa sua. Da noi solo attentati che sono una tragedia, piccola però di fronte a quella dei milioni di musulmani che fuggono dalle stragi e  dalle persecuzioni. Una guerra che non vinceremo mai se non saremo capaci di costruire una unità di intenti, un’Europa  federata con un’unica politica interna ed estera e con un esercito comune.

L’alternativa è solo la difesa del nostro particulare, inteso nel suo significato più deteriore e non in quello nobile vaticinato da Guicciardini. La fine delle conquiste che, a partire dall’Illuminismo e passando per la rivoluzione francese, ci hanno resi uomini liberi.

 

Luciano De Angelis

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