LA BORGHESIA E LA PAURA

La rilettura di un vecchio libro, oggi introvabile, LA BORGHESIA E LA PAURA di Angelo Maglianiedito da Vallecchi nel 1957, mi induce ad alcune riflessioni sulle scelte politiche della classe media italiana.

Dall’unità d’Italia ai giorni nostri le qualità e i difetti della nostra borghesia sono rimasti per lo più immutati. Movimento borghese è stato il Risorgimento, e il “miracolo economico” dell’ultimo dopoguerra non avrebbe potuto prescindere dalla efficienza e dalla intraprendenza borghesi. E’ indiscutibile che l’operosità, lo spirito d’intrapresa, l’ottimismo, il sentimento della libertà e del progresso siano caratteristiche soprattutto borghesi, ma il “Capitalismo globale”, in cui la borghesia si riflette e si esprime, si è dimostrato alla fine un grande fallimento per le mistificazioni e le ingiustizie – insite nel sistema – che hanno creato sempre maggiori diseguaglianze.

Nonostante lo spirito avventuroso, la borghesia italiana ha paradossalmente avuto sempre paura. Essa è prima di tutto individualista e l’individualismo produce solitudine e la solitudine crea paura. A differenza dei cattolici e dei marxisti che non si sentono soli e non hanno quindi paura, i borghesi non amano il solidarismo. Quando, dopo aver unificato l’Italia, si accorsero che i poveri erano divenuti proletari, ebbero paura prima dei socialisti e dei comunisti, poi dei cattolici di don Sturzo e delegarono a Mussolini la difesa dei loro privilegi divenendo in maggioranza fascisti, assolutisti e retrivi. Allo stesso modo si comportarono i cattolici che sostennero il fascismo liquidando cinicamente il Partito Popolare di don Sturzo. Fu quello veramente l’incontro della parte peggiore della borghesia e del cattolicesimo.

 La Resistenza vide una minoranza borghese combattere, sotto le insegne di “Giustizia e Libertà”, a fianco di marxisti e cattolici nella illusione che la democrazia avrebbe portato con sé anche l’affermazione della borghesia come classe politica dirigente e illuminata. Ma ancora una volta la paura prevalse e per quella paura la borghesia divenne qualunquista, si oppose perfino a De Gasperi per cercare sicurezza nelle zone più chiuse e retrive del mondo cattolico. Messe in minoranza le voci progressiste più autorevoli del laicismo e del cattolicesimo, la borghesia si appoggiò ancora una volta alla destra conservatrice e clericale tanto che l’Italia è l’unico Paese cattolico nel mondo che ha dovuto sopportare le continue ingerenze nella propria politica interna di uno Stato straniero: il Vaticano. Invece di combattere il fenomeno comunista con una programmazione economica che fosse strumento di trasformazione della società attraverso una politica di riforme in senso liberale, la borghesia si turò il naso di fronte alla corruzione dilagante, considerò ineluttabile la collusione tra mafia e politica, chiuse gli occhi di fronte alla strategia della tensione fomentata da servizi segreti stranieri in combutta con quelli nostrani deviati.

 Questa era la borghesia di ieri non molto dissimile da quella odierna che, dopo il crollo di un sistema corrotto che aveva sempre sostenuto, e dopo aver contribuito alla nascita di un sistema forse ancora più corrotto, si trova divisa tra opposti populismi: il neo fascismo leghista e il qualunquismo grillino.

Come nel 1922, la classe dirigente italiana, per gestire con profitto i propri interessi, ha scelto un governo grillo – leghista. Ma è sempre dominata dal dubbio: meglio il decisionista Salvini che i 5Stelle con le loro proposte fumose e semplicistiche o il PD ridotto a una “bad company” divisa tra rottamazioni ed eterni ritorni?

 

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