La conflittualità permanente come arma di distrazione di massa

L’ammonimento “Bisogna cambiare tutto perché tutto resti come prima” (adattamento del noto passo del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa) è esemplificativo delle proposte enunciate – trasversalmente e da tempo immemorabile – da tutte le formazioni politiche in competizione.
Il nuovo governo Lega-5Stelle è andato più in là: si è inventato la conflittualità permanente come arma di distrazione di massa dai reali problemi delPaese:
1) Termovalorizzatori sì, termovalorizzatori no. Raccolta differenziata e riciclo sì, Raccolta differenziata e riciclo no. ” Gli esperti spiegano che una cosa non esclude l’altra, anzi è quasi certo che che servono tutte e due (Michele Serra su La Repubblica). Discussioni accese, accuse reciproche e infine Salvini abbandona sbuffando la riunione. Gli altri davanti alle telecamere: “Abbiamo raggiunto l’accordo!”… non si fa nulla. La terra dei fuochi rimane… dei fuochi, anzi no, il re Travicello Conte ha annunciato: “la terra dei fuochi diventerà la terra dei cuori”.
2) Grida Di Maio: “Bisogna fare subito una legge che, a partire dal primo grado di giudizio, annulli l’istituto giuridico della prescrizione che permette ai ricchi di evitare le sentenze.” Giusto replica Salvini, ma nel contesto di una riforma generale della Giustizia. Tutti d’accordo, ma quando? Presto… a babbo morto.
3) Reddito di cittadinanza. Di Maio annuncia: “Aboliremo la povertà entro la fine dell’anno”, Salvini nicchia. In realtà mancano le risorse e l’attuazione, anche molto parziale del provvedimento, (in pratica una rivisitazione del reddito di inclusione del precedente governo) permetterebbe ai soliti furbi con un lavoro modesto, di licenziarsi, continuare a lavorare in nero e impolparsi il reddito di cittadinanza. E intanto i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
4) “Il nuovo che avanza” non è entrato – una volta tanto – in conflitto con il fascio-leghismmo a proposito di condoni. Alle proteste dell’opposizione replicano: Non rompete le scatole, l’avete fatto anche voi in passato!
5) La flat tax è una tassazione piatta non progressiva che avvantaggerebbe i più ricchi. Un’assurdità tra l’altro non realizzabile con le nostre risorse. E allora il governo tira fuori dal cilindro un trucchetto: essendo incappato in un comma nascosto nell’articolo 4 del ddl di bilancio presentato alla Camera – A SUA INSAPUTA – lo scorso 31 ottobre, viene ridotta – ope legis – la platea di partite Iva interessate. Così un cavillo costringerà a dire addio alla flat tax.
La conflittualità permanente tra Lega e 5Stelle è dunque, come ho scritto sopra, l’arma di distrazione di massa dai reali problemi del Paese, primo tra tutti la mancanza d lavoro.
Fino a quando il costo del lavoro per le nostre imprese rimarrà il più alto d’Europa, resteremo inevitabilmente incollati alla situazione attuale. E allora torno all’annosa questione del cuneo fiscale di cui non ho sentito quasi mai parlare.
ll cuneo fiscale è un indicatore percentuale dell’incidenza, sul costo complessivo del lavoro, di tutte le imposte (dirette, indirette – Iva, accise, imposte di registro, ecc. – nonché i contributi previdenziali) che gravano sulle imprese e sui lavoratori.
In parole povere è la differenza tra quanto un dipendente costa all’azienda (stipendio lordo) e quanto lo stesso dipendente incassa, netto, in busta paga. L’ampiezza del cuneo fiscale è la somma tra le trattenute al lavoratore e gli oneri a carico dell’azienda nonché le imposte a carico del lavoratore. Negli ultimi due anni il peso del cuneo fiscale è salito sempre di più: oggi in Italia su 100 euro di costo del lavoro 49 (rispetto ai 32 del 2011) se ne vanno in tasse e contributi. Il cuneo fiscale in Italia (quel 49%) è divenuto così di ben 10 punti più alto rispetto alla media europea. L’Italia si colloca oggi al livello dell’Ungheria e supera la Francia (48,5%), mentre la media Ocse è distante al 35,9%.
Oggi che gli imprenditori medio-piccoli (quelli grandi hanno mille scappatoie per evadere le regole) sono messi in ginocchio dalla crisi e da una imposizione fiscale spesso insostenibile, un governo degno di questo nome dovrebbe puntare con tutte le sue forze sulla diminuzione del cuneo fiscale. E qui nasce il problema della copertura finanziaria, un problema grande la cui soluzione esula dalle mie competenze. Però umilmente mi chiedo: se è vero che il popolo chiede lavoro e non elemosine, allora smettiamola con gli ottanta euro di Renzi, il reddito di cittadinanza, i soldini ai diciottenni e tutte le altre vacue mance elettorali, e concentriamoci sul dirottare queste e altre risorse sulla riduzione del cuneo fiscale.




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