LAMPI DI LUCE NEL BUIO

LAMPI DI LUCE NEL BUIO - NARRATIVA

LAMPI DI LUCE NEL BUIO

 

 

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La Cassandra

“Ho sempre cercato nei miei romanzi precedenti, Un anno particolare e Nebbia fitta, una contaminazione tra generi letterari: avventura o giallo, da un lato, rievocazione storica o denuncia civile, dall’altro.
In Lampi di luce nel buio , ho colto a pretesto i tòpoi del poliziesco (un grave incidente, la perdita della memoria, un delitto, l’indagine, il colpo di scena finale), per affrontare l’enigma della memoria umana: quella storica e quella personale, quella pubblica e quella privata, quella perduta e quella ritrovata.
Il romanzo nasce da un progetto: far convivere, con equilibrio, due racconti incastrati l’uno dentro l’altro, scritture diverse – quella della struttura narrativa tradizionale, alternata a quella poetica e a quella diaristica – , il tutto racchiuso in un sistema di scatole cinesi (il monologo interiore, la storia poliziesca, il diario terapeutico, gli articoli di giornale) contraddistinte, oltre che dallo stile, anche dai caratteri tipografici diversi, nel tentativo di coinvolgere (come ha notato Cinzia Donatelli Noble) chi legge in un meccanismo interattivo di lettura.
Se anche uno solo dei miei lettori sarà attratto dai molteplici livelli di questo divertissement letterario, avrò raggiunto il mio scopo.”l’autore”Se Nebbia fitta si muoveva nella parabola strutturale e diegetica del noir, con una vicenda in cui il poliziesco assorbiva gli altri elementi, in Lampi di luce nel buio Luciano De Angelis abbandona le regole e le limitazioni del genere, infrange la grammatica e la sintassi del giallo – la sua gabbia di canoni – per seguire liberamente, attraverso l’esercizio della memoria, le sue due inclinazioni: lirica e narrativa. Intorno ai fatti, pertanto, intesse una rievocazione di immagini, di emozioni, di aure, di date fatidiche, di climi, incanalati in due diari, privato e pubblico, nei quali a squarci di autobiografia si giustappongono e si mescolano dissolvenze, esaltanti o deprimenti, della storia cittadina di Porto Castello (come ama ribattezzare la sua città) e nello sfondo di quella nazionale.”Giacomo D’Angelo”Quando poi ci si avvicina alla fine del racconto, allora ricorre nuovamente il pensiero del “sonno della ragione [che] genera mostri” (Francisco Goya), come già visto in Abracadabra (2003) dello stesso autore: è una frase che ci riporta ancora una volta alla denuncia della mancata presa di coscienza e di impegno sociale di chi abita nel mondo odierno e si nasconde dietro i propri privilegi. Ed in questo torna il dubbio, il dubbio tra essere spettatore o autore della propria vita, per l’incapacità di controllarne il corso rovinoso, nella eterna impotenza dell’individuo, un individuo che ricordi o meno. E la scala dell’esistenza declina; forse siamo nella quasimodiana “curva minore” della nostra vita, in cui non si può se non scendere sempre più in basso, in una gradinata decrescente sulla quale ci accompagna Luciano De Angelis:

il mare
la vendetta
la pace
la FINE”

Cinzia Donatelli NoblePlinio Perilli

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