D’ALTRO CANTO

D'ALTRO CANTO

D’ALTRO CANTO

 

 

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Il Tempo

Il Centro

 

d’altro Canto è il titolo della mia quarta raccolta di poesie. Con la sua iniziale minuscola, d’altro Canto vuole riprendere un flusso di pensiero iniziato con Abracadabra, poi interrotto ma non concluso. Il titolo deriva da una poesia della silloge:

d’altro canto
vado in cerca ancora
d’altro

Questi versi con la loro ambiguità, sollecitano una duplice chiave interpretativa. Ci si può leggere prima di tutto l’aspirazione a un linguaggio poetico diverso, a un altro canto; ma anche la ricerca d’altro. Questa seconda chiave di lettura evoca la ricerca continua, mossa da un’ansia introspettiva, di risposte credibili agli angosciosi interrogativi esistenziali.
La raccolta si articola in tre parti: Kaos, I giorni anacoluti del nonsenso e La curva della memoria. La prima parte, Kaos, è una sofferta riflessione sull’eterno conflitto tra le ossessioni del Potere e la naturale aspirazione alla libertà; i versi sono anche un grido di ribellione contro l’indifferenza e la fine delle speranze.

Da: kaos (2004)

una ragione per continuare
anche se per poco
dentro
l’anestesia delle speranze
l’inerzia dell’indifferenza
la fine delle illusioni
una ragione per non cedere
all’arroganza del Potere
all’ipocrisia di un abbraccio
c’è sempre un giuda tra noi
all’intolleranza
una ragione per continuare
anche se per poco
per così poco
una ragione
io alla fine
per sentirmi ancora
libero

*
confusione
tra mito e scienza
di teorie cosmogoniche

ricerca vana di un progetto
plausibile

non ci sono più eroi
oggi
e temo non ci sia stato nemmeno
mai
un tempo del drago

la paura
ha partorito l’illusione
e la fede
ma sono vuote le mie tasche
bucate
e
i supermercati hanno svenduto
la speranza

*
ascolta
la voce del vento che soffia tra le rovine
e osserva
l’orologio della memoria con le frecce
infisse nel
cuore
e il quadrante che segna sempre
la stessa
ora

l’urlo del mostro
attraversa la notte dei tempi e assorda
le coscienze
QUANTI DELITTI
DIO
CONSUMATI IN TUO NOME
la stagione è questa ancora
dei martiri
dei miracoli
e
delle crociate

l’aldilà è una minaccia
illusoria
un ricatto l’immortalità
e
la fede
il cerotto per le ferite dell’esistenza

oggi
il Santo Graal
è un calice colmo di
petrolio
e c’è sempre un alibi per le ossessioni del
Potere

*
quando la notte è più buia e
una pioggia sporca
dai marciapiedi della memoria
lava
le orme di ogni storia passata
dilata il tuo Io alla ricerca
di una identità
perduta

per chi insegue le radici
del fuoco
nei deserti della mente
la verità ha il volto enigmatico di
Giano
e
la sola certezza che resta è il
dubbio

è facile inventarsi un dio per placare
la paura dell’ignoto
il vuoto della conoscenza
ma poi
bisogna affrontare il serpente che affascina
il gorgo che attira
il canto della sirena
il
disordine della coscienza
il
kaos

cavalchiamo così i ricordi su una giostra
impazzita
e siamo oggi come ieri
sempre
spettatori indifferenti
complici indolenti di delitti legalizzati

*
incerto equilibrista sul sottile filo
d’ombra
proiettato dalla coscienza sul nulla
esploro
discariche abusive
alla ricerca
di regole e valori condivisi

una civiltà apocrifa
ha distrutto
nel tritacarne mediatico
ogni residua memoria
e se le ideologie sono morte consunte dall’intolleranza
gli ideali
sopravvivono dimenticati in oscure
camere di rianimazione
mentre
la corte dei miracoli è sempre più zeppa
di servi felici
alla ricerca di nuovi
padroni

La prossima poesia è per certi versi una preghiera, una preghiera laica.

sfondano le retine e accecano
la conoscenza
le luci che incrociano
psichedeliche
l’asfalto viscido dell’esistenza
mentre
gelido un vento scompagina
sbiaditi
i fogli della memoria

Coventry Dresda Hiroshima
la guerra
prosecuzione della politica
con altri mezzi

PAROLA DI VON CLAUSEWITZ
il bene e il male
due facce della stessa
moneta
con cui gioca
il Potere
a testa o croce

LIBERA NOS A MALO
il Terrore
è solo quello
mediatico
in prima visione serale
(le vittime dei terrorismi di Stato
non hanno né nome né telecamere
e
non minano le nostre sicurezze)

LIBERA NOI DALL’IGNAVIA

il Principe del Terrore
degli anni Ottanta
è perdonato
gli attentati dimenticati
e le stragi

IL CINISMO E’ L’ARMA DEI FORTI

tra vent’anni
di nuovo
in un’oscena visione fantapolitica
il Potere
e un Osama Bin Laden pentito
a braccetto

PAROLA DI PACE

La seconda parte, I giorni anacoluti del nonsenso, è un viaggio introspettivo che mano a mano si trasforma in una esplorazione nel nonsenso del nostro tempo, il tempo dell’alienazione. Ho cercato di rappresentare, con frammenti lirici incompiuti e con la voluta mancanza talora di nessi sintattici nei versi, l’incongruenza della nostra esistenza che è divenuta, per mancanza di tempo e di scopo, una ossessa finzione.

Da: i giorni anacoluti del nonsenso (2004)

mi piacerebbe
che un giorno
questo giorno
un giorno qualunque
mi piacerebbe

*
immagina
se tutti i sogni
i sogni a occhi aperti
i sogni così
i sogni
immagina

*
al dunque
resta sempre solo
ognuno

coi suoi fantasmi

*
raggricciato
così
come una foglia d’autunno
sul ramo
senza suicidarmi
decidere
il tempo saggio
di morire

*
una volta fuori
da questa gabbia di nebbia
da qualche parte
fuori comunque
immagina
però possibilmente
libero

lì fuori

*
se i ricordi perduti
assediano le ore
indolenti
allora
a occhi chiusi
io
allegro non molto
in fuga
adagio presto
dentro questa spudorata
utopia in
contrappunto di un
Bach
a tempo di jazz
play Bach in play back
confusione di
suoni e pensieri in libertà
chimera
ma ora
io
qui ancora qui
adesso
per quanto tempo
ancora
questa ossessa finzione di
partecipare
comunicare
vivere
fino a quando
allora
ancora
io
qui

I terribili giorni dello Tsunami coincisero con le nostre festività di fine anno:

ed è con occhi di vetro
che fisso
le luci e i fuochi
osceni
di quest’ultima festa
d’allegria non mia
attorno
il dolore la morte
la desolazione
sono solo virtuali
come l’onda d’angoscia
che uccide

non più parole
oggi
immagini.

Infine nella terza parte, La curva della memoria, riaffiora inizialmente la malinconia dei rimorsi.

Da: la curva della memoria (2004)

i giorni solstiziali
incombenti
di un inverno turpe
dell’anima
tiro fuori dall’armadio
rimorsi
cosparsi di naftalina
evocati rimpianti
di sciupate
primavere

*
senza tregua
desiderio sottile
voglia assurda di amare
ma non te
rimorso inutile
di carezze mancate
desiderate
inutilizzate
fantasia impossibile
di amare
te e non te

*
mai più
ali di gabbiani
bianche
plananti sugli scogli
mai più
sussurri di sassofono
blue notes
melodie sincopate
dell’anima
mai più

Alla fine però prevale la speranza. L’unica risposta certa che sono stato capace di dare agli interrogativi esistenziali è la fiducia nella memoria, quella che ho definito l’anima immortale dell’universo; da cui la speranza di sopravvivere, attraverso essa, nel cosmo fluido della compresenza, in un Universo astratto cioè dove la memoria personale convive in eterno con tutte le altre.

la morte chiude il cerchio della vita
vedi… ha un fiore tra i capelli mossi
dalla brezza dell’ultimo tramonto
e gli occhi sorridenti delle donne
che hai più amato
la morte chiude il cerchio della vita
non temere
nella notte che incombe si apre il varco
nel cosmo fluido della compresenza
la morte chiude il cerchio della vita
non ti voltare
è la memoria l’anima immortale
dell’universo

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