Purtroppo mal comune non fa mezzo gaudio
Ho già scritto che non mi piacciono troppe cose di Renzi ma che attualmente lo voterei (e voto, per convinzione, sì al referendum) perché purtroppo il panorama politico italiano offre solo molte miserie e nessuna nobiltà. Lui almeno sta cercando di far uscire il Paese dalla palude lottando spesso contro il masochismo storico della nostra sinistra. E anche a livello internazionale sta provando a ridare all’Italia un po’ della dignità e della indipendenza da tempo perdute. Ma quanti errori, di forma e di sostanza, lungo il suo percorso! Non posso perdonargli di avermi fatto il regalo – non richiesto – di esentarmi dal pagamento della tassa sulla prima casa. Questa imposta non mi procurava sofferenze e ne avrebbe procurate ancor meno ai tanti ricchi, più o meno grandi, in circolazione. A mio avviso, se l’intenzione del governo era quella di favorire i meno abbienti, andavano esentati solo i cittadini con un reddito inferiore a una predeterminata soglia, e tutti gli altri tassati con il criterio della progressività stabilito in Costituzione. Penso che il saldo di questa operazione sarebbe stato eticamente giusto e in qualche misura positivo per le nostre esauste finanze. Ricordo i decenni di tormentone su questa tassa, introdotta nel 1992 dal governo Amato, modificata dal governo Prodi nel 2007, abolita da Silvio Berlusconi nel 2008, reintrodotta dal governo Monti nel 2012, e oggi di nuovo abolita da Matteo Renzi nonostante in passato il Pd fosse stato sempre contrario all’eliminazione di questa imposta (Debora Serracchiani nel 2013: “Che senso ha che io, con il mio reddito, non paghi l’Imu sulla prima casa?”). La ricerca del consenso ad ogni costo ha portato a questo infelice provvedimento – bocciato anche dal Fondo Monetario Internazionale – e forse anche ad altri sui quali non mi esprimo perché sono digiuno di economia e le mie obiezioni sarebbero soltanto umorali.
Adesso Renzi ha iniziato una stagione di balletti: un passo avanti e uno indietro, op oplà.
La risoluzione dell’Unesco contro Israele, dice Renzi, “è allucinante”! Ma pochi giorni prima l’Italia, chiamata a votare su quella risoluzione, si era pilatescamente lavate le mani, astenendosi. Si vara una norma (che Bersani ha ironicamente bollato come “salva Corona”) che condona i capitali nascosti all’estero, ma anche quelli nascosti in Italia nelle cassette di sicurezza o nei “controsoffitti”. Apriti cielo! Contestazioni e proteste da ogni parte, e Renzi onestamente confessa: “Ho deciso io, nessuno me lo ha imposto”. E oplà fa retromarcia e disinnesca la bomba.
Quello che più mi sconforta è la mancanza di concertazione all’interno del suo partito, e di confronto con le opposizioni. La legge elettorale è soggetta da mesi a feroci critiche. Dopo averla difesa a oltranza, all’ultimo minuto e speriamo non fuori tempo massimo, il capo del governo decide che è possibile modificarla. I nuovi senatori – urlano da tempo le opposizioni interne ed esterne – sono dei “non eletti”, dei nominati. E allora, ancora all’ultimo minuto, salta fuori la possibilità di farli eleggere dal popolo in un apposito listino nelle elezioni regionali. Un misto di improvvisazione e di imprevidenza. Eppure nel campo della sinistra ci sono fior di costituzionalisti con cui il capo del governo avrebbe potuto confrontarsi e ai quali, da statista, chiedere consigli.
Una sola nota di consolazione: non siamo soli. Pastrocchi simili li ritroviamo in tutte le democrazie occidentali: in Gran Bretagna (Brexit), in Francia, in Germania e finanche negli Stati Uniti.
Purtroppo mal comune non fa mezzo gaudio.




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